In questo post faremo una prima analisi delle bozze dei documenti diffusi dalla Conferenza permanente Stato-Regioni sulla nuova figura ptofessionale di interesse sanitario di supporto alle attività infermieristiche, al momento senza nome (chiamata figura operatore XX). In che contesto si inserisce la nuova figura? Come si diventa operatore XX e che mansioni avrà?
Battaglia per la giusta assistenza per i bambini con disabilità gravissima
La nostra associazione conduce, da quando è nata, una battaglia per la giusta assistenza di bambini con disabilità gravissima e con alti bisogni sanitari (nutrizione, idratazione e ventilazione artificiale) da fornire a casa, a scuola e in tutti i contesti che il bambino frequenta (come ad esempio il centro estivo).
Come più volte abbiamo scritto, un bambino con disabilità gravissima senza la giusta assistenza non può vivere la propria vita, la sua famiglia non può vivere la propria vita. Il bambino non può andare a scuola, non può andare al centro estivo, i genitori non riescono a lavorare in assenza dell’assistenza adeguata e continuativa.
Per fornire questa assistenza occorrono le figure professionali più adatte e negli ultimi anni, con il continuo invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche, il dibattito attorno a queste figure è sempre stato acceso, soprattutto per quanto riguarda le figure di supporto all’assistenza infermieristica.
Da poco più di vent’anni le varie figure di supporto che si sono succedute nel corso del tempo in Italia sono state tutte sostituite dall’Operatore Socio-Sanitario (OSS), istituito con Provvedimento della Conferenza Stato-Regioni 22 febbraio 2001. Per poter diventare Operatore Socio-Sanitario occorre avere un diploma di scuola dell’obbligo e frequentare un corso di formazione di almeno 1.000 ore. Le attività dell’operatore socio-sanitario sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita, al fine di fornire:
a) assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita;
b) intervento igienico-sanitario e di carattere sociale;
c) supporto gestionale, organizzativo e formativo.
Fra le principali attività di supporto all’assistenza infermieristica rientrano quindi la realizzazione di attività semplici di supporto diagnostico e terapeutico, l’osservazione e la rilevazione dei bisogni e delle condizioni di rischio e/o danno del paziente e ancora la valutazione e la collaborazione dei sistemi di verifica degli interventi.
Infermiere, operatore socio-sanitario oppure nessuna figura professionale?
Perché vi parliamo dell’OSS? Perché spesso per i bambini con disabilità complesse occorre occuparsi di nutrizione e idratazione artificiale, aspirazione delle secrezioni in trachea, gestione della ventilazione artificiale, tracheostomie, ecc…
E chi può occuparsi di tutto ciò a scuola o a casa in assenza di familiari? Spesso assistiamo a delle discussioni, sugli onnipresenti social network, nelle quali vediamo affermare con assoluta certezza che la gestione della PEG può essere fatta da chiunque a scuola, in fondo si tratta solo di attaccare un tubicino e schiacciare un bottone o usare un siringone con un po’ d’acqua.
Definire quali atti sono riservati ai medici, quali agli infermieri, quali agli altri operatori sanitari e quali invece sono atti liberi che possono essere praticati da chiunque è materia estremamente complessa, che necessita dello studio di norme, contratti, documenti di prassi e giurisprudenza risalenti perlomeno fino agli anni ’70 del secolo scorso e che è in continua evoluzione.
Nel corso dei nostri contenziosi abbiamo sempre sostenuto che gli operatori socio-sanitari non sono, ad oggi, figure professionali adatte per assistere i pazienti con disabilità complesse. In mezzo c’è la vita delle persone fragili, che spesso non solo non parlano, ma magari non comunicano proprio, che hanno un quadro clinico delicatissimo e quindi anche le manovre in apparenza semplici (come appunto schiacciare il bottone di una pompa nutrizionale), su pazienti complessi, possono comportare dei profili di rischio non trascurabili.
I contenziosi li abbiamo avuti con gli enti del Servizio Nazionale, variamente denominati nelle varie Regioni, che di fatto svolgono le funzioni delle vecchie Aziende Sanitarie Locali (ASL). Nelle memorie difensive prodotte da questi enti nel corso di queste cause abbiamo letto molto spesso che “per i bisogni sanitari basta un operatore socio-sanitario” o addirittura “non è necessaria nessuna figura specifica per prendersi cura di una bambina con la nutrizione artificiale, si può addestrare qualcuno”. Non, non è così e per fortuna i giudici hanno riconosciuto la necessità di un’assistenza adeguata nel rispetto dell’attuale quadro normativo.
Nuovo operatore di interesse sanitario XX
Sulla figura e sul futuro dell’OSS c’è un’importante novità: nel mese di marzo 2023 la Conferenza delle Regioni e Province autonome ha approvato, infatti, due documenti: il primo riguarda la revisione del profilo di Operatore Socio-Sanitario, il secondo invece prevede l’istituzione di un nuovo operatore di interesse sanitario.
Nel mese di aprile sono iniziati i confronti con i c.d. portatori di interesse (Ordini professionali, sindacati, associazioni di categorie, ecc…) e su alcuni siti specializzati sono state pubblicate le bozze di documenti oggetto di consultazione. Il nuovo operatore di interesse sanitario non ha ancora un nome e nelle bozze di documenti la figura è identificata come “XX” e quindi anche noi lo chiameremo in questo modo.
L’art. 1 della bozza d’accordo chiarisce che l’XX è operatore di interesse sanitario, in possesso della qualifica di Operatore socio sanitario che a seguito di un ulteriore percorso formativo consegue la qualifica di XX. Il suo ruolo è quello di coadiuvare gli infermieri assicurando le attività sanitarie identificate nel provvedimento istitutivo, oltre a svolgere le attività proprie del profilo di operatore socio sanitario.
Per l’accesso ai corsi di XX è richiesta la qualifica di operatore socio-sanitario o titoli equipollenti, ai sensi della normativa vigente, il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado di durata quinquennale o di altro titolo di studio conseguito all’estero ed esperienza professionale come operatore socio-sanitario di almeno 24 mesi. Il corso di formazione ha una durata complessiva non inferiore a 500 ore, da svolgersi in un periodo di tempo non inferiore a 6 mesi e non superiore a 12 mesi.
Tra le attività che questa nuova figura è chiamata a svolgere ve ne elenchiamo alcune, riprese tali e quali dalla bozza di provvedimento, che interessano spesso i bambini con disabilità complesse:
- somministrare la nutrizione enterale in condizioni di stabilità clinica
- effettuare la medicazione della gastrostomia stabilizzata
- effettuare l’aspirazione delle secrezioni oro-faringee, naso-faringee
- effettuare, in assistiti con tracheostomia stabilizzata e clinicamente stabili, l’aspirazione delle secrezioni, la medicazione, la pulizia della cannula tracheostomica.
A noi pare quindi abbastanza chiaro che se per effettuare tali attività le Regioni ritengono necessario istituire formalmente una nuova figura e attribuirle espressamente competenze di tipo sanitario, oggi come oggi queste stesse attività non possono essere effettuate da operatori, pur importantissimi, come gli OSS.
Ovviamente la questione non riguarda i caregiver familiari che queste attività le svolgono gratuitamente.
Nelle prossime settimane commenteremo in maniera più dettagliata questo provvedimento, dando atto anche delle prime reazioni da parte dei portatori di interesse.
Figura di supporto all’attività infermieristica, la formazione è sufficiente?
Dal nostro punto di vista siamo consapevoli che la creazione di una figura di supporto all’attività infermieristica con competenze sanitarie è probabilmente inevitabile, soprattutto per sopperire alla cronica carenza di personale infermieristico. Ma siamo anche consapevoli che occorre fare una profonda riflessione sul percorso necessario per formare tali operatori, che ricordiamo dovranno occuparsi in prima persona di soggetti molto vulnerabili e ci chiediamo se il percorso formativo ipotizzato sia sufficiente.
Rammentiamo, ad esempio, che per esercitare l’attività di acconciatore (comunemente detto parrucchiere) ai sensi delle norme attualmente vigenti in Italia è necessario conseguire un’apposita abilitazione professionale previo superamento di un esame tecnico-pratico preceduto da:
a) corso di qualificazione riconosciuto, della durata di due anni, seguito da un corso di specializzazione di contenuto prevalentemente pratico o da un periodo di inserimento di un anno presso un’impresa di acconciatura, da effettuare nell’arco di due anni;
b) periodo di inserimento di tre anni presso un’impresa di acconciatura e apposito corso di formazione teorica.
Risulta paradossale che per effettuare le manovre di tipo sanitario sui pazienti con disabilità gravissima verrà richiesta una formazione inferiore a chi invece opera nel settore della bellezza.
Di seguito i link ai documenti e ad alcuni siti di approfondimento: