Questa è la storia di Alessandro, 52 anni, una disabilità gravissima, residente in Valle d’Aosta. Da sempre vive con i suoi genitori, oggi anziani di 79 e 84 anni con alcuni problemi di salute, comuni per le persone anziane, che però non hanno mai smesso di prendersi cura di lui, desiderando per il figlio una vita in casa, tra le mura familiari.
A raccontarcela è la mamma Claudia, la principale caregiver di Alessandro, che dopo anni di silenzio ha deciso che questa storia merita di essere conosciuta.
Alessandro è un uomo gentile, collaborativo, ma con un bisogno costante di assistenza. Tre giorni a settimana frequenta un Centro diurno dedicato alle persone con disabilità, dove si trova bene e per la famiglia è un servizio apprezzato anche se non sufficiente rispetto ai bisogni. Gli altri quattro giorni è assistito quasi esclusivamente dalla mamma, una donna coraggiosa che, finché ha avuto le forze, è stata attiva anche nel mondo del volontariato e dell’associazionismo.
Il suo progetto di vita proposto e approvato dall’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVMD) oggi prevede: il Centro diurno per tre giorni a settimana (18 ore in totale purtroppo non è possibile avere più ore per mancanza di posto), 50 minuti al giorno di assistenza domiciliare (un aiuto prezioso, ma del tutto insufficiente), un contributo regionale del 70% per l’assunzione di un’assistente personale per circa 30 ore a settimana.
Questo contributo, previsto dalla deliberazione della Giunta regionale n. 1524/2023, invece che rappresentare un sostegno reale, si è trasformato in un enorme peso per la famiglia.
Per ottenerlo, infatti, la famiglia deve: trovare la persona disponibile, assumerla, pagarla anticipando le spese per alcuni mesi, rendicontare tutte le spese, per poi ricevere soltanto dopo il rimborso parziale.
Un percorso complesso per chi vive con una sola pensione. Ma non è questo l’ostacolo più grande. Il problema più drammatico è che in pochi vogliono lavorare con persone con disabilità gravissima adulte, che hanno bisogno di essere lavate, vestite, assistite in ogni gesto quotidiano, accettando un contratto di lavoro a tempo parziale quando la sede del lavoro non è il centro di Aosta. Molti assistenti personali, come ormai è risaputo, non sono di origine italiane, molti non hanno la patente o la macchina e utilizzare il trasporto pubblico raramente è compatibile con gli orari del lavoro.
Così, l’unica misura di sostegno oggi disponibile non è un servizio pubblico garantito, ma un contributo che “scarica” tutta la responsabilità sulle spalle di una madre di 79 anni e di un padre di 84 anni.
Un’ulteriore difficoltà è rappresentata dal fatto che quando un’assistente personale decide di non lavorare più perché magari trova un lavoro diverso con più ore oppure meno pesante dal punto di vista psicologico, visto che in pochissimi hanno l’esperienza con le persone con disabilità gravissima, la famiglia resta da sola a gestire di nuovo tutto e la ricerca e la selezione cadono nel periodo nel quale non c’è nemmeno un supporto a casa.
Oggi Claudia, 79 anni, sta gestendo quasi completamente da sola suo figlio di 52 anni (in questo momento Alessandro frequenta il centro diurno per tre giorni a settimana e fruisce dei 50 minuti al giorno di Servizio di Assistenza Domiciliare. Un’assistente personale non si riesce a trovare e forse manca anche la forza per cercarlo dopo tanti colloqui andati a vuoto).
Solitudine è la parola che più descrive la sua condizione.
Le istituzioni conoscono bene la situazione di Alessandro, ma sono in silenzio perché non hanno nulla da offrire a questa famiglia.
Forse qualcuno aspetta che Claudia si arrenda e scelga l’istituto. Ma lei e il marito vogliono che Alessandro resti a casa, non solo con loro, ma anche quando loro non ci saranno più. Lo stesso desiderio di Alessandro: continuare a vivere dove ha sempre vissuto, tra i suoi affetti e le sue abitudini.
Oggi questo, con attuali politiche per la disabilità gravissima, è praticamente impossibile. Domani dipenderà da quanto le istituzioni decideranno di essere realmente presenti.
Questa storia la raccontiamo perché sia chiaro che c’è ancora tantissimo da fare sul tema della disabilità gravissima, del “durante e dopo di noi”, del diritto a vivere a casa.
Almeno due passi concreti sarebbero possibili da subito:
1. prevedere, accanto all’assunzione diretta di un assistente personale, la possibilità di rendicontare anche le fatture delle cooperative o di altri enti che forniscono assistenti personali. Così le famiglie sarebbero sollevate dal peso di cercare, assumere e sostituire gli assistenti, mentre le cooperative potrebbero offrire contratti più stabili e a tempo pieno, rendendo questo lavoro più attrattivo e tutelato;
2. garantire progetti di vita che prevedano la possibilità di continuare a vivere a casa anche dopo la scomparsa dei genitori, con servizi pubblici reali e un case manager che non sia solo una figura sulla carta.
Questo racconto non è un attacco alla maggioranza politica. È bene ricordare che negli ultimi cinque anni nessun consigliere di minoranza si è impegnato seriamente e con continuità sul tema della disabilità gravissima (eppure molti di loro conoscono molto bene le difficoltà quotidiane che vive una famiglia con un figlio con disabilità gravissima).
Alla politica di questo tema semplicemente non interessa. E chi vive questa situazione molto spesso non ha forze per lottare dopo che magari tutta la sua vita l’ha fatto.
La storia di Alessandro e di sua mamma Claudia non è un caso isolato: rappresenta la voce silenziosa di tante famiglie che vivono le stesse difficoltà ogni giorno. Non chiedono privilegi, ma diritti reali e sostegni concreti, per poter garantire ai propri figli una vita dignitosa, a casa, circondati dall’affetto e dalle relazioni che danno senso all’esistenza.
Noi continueremo a raccontare queste storie perché nessuno possa dire “non sapevo” e perché le istituzioni non possano più voltarsi dall’altra parte.
GRAZIE💗 ad Alessandro … ai suoi genitori … ed alla vostra associazione “La Casa di Sabbia” … per il coraggio della condivisione, la forza, la resilienza … che ci ricordano che ogni individuo ha/dovrebbe avere il diritto di vivere la vita che sceglie … che questa storia sia un ottimo promemoria per tutti … ed un ulteriore “spunto” per coloro che prendono decisioni in merito … “Buona Vita” Alessandro … la tua vita …